Santa Caterina

La mancanza di notizie sicure rende assai difficile una precisa valutazione della chiesa di S. Caterina in Naro. Gli studiosi concordano nell’attribuire la costruzione di questo tempio al munifico Matteo Chiaramonte, Conte di Modica che ottenne la terra di Naro l’11 aprile 1366.
Tuttavia non si può facilmente trascurare, esaminando l’insieme delle strutture interne, l’ipotesi che nello stesso luogo probabilmente esisteva già un tempio normanno che nell’intervento dei Chiaramonte fu inglobato, ampliato e arricchito di ornamenti.

La chiesa subì nel 1725 ulteriori rifacimenti. Fu restaurata inoltre intorno al 1935-40 per interessamento del conto Alfonso Gaetani e nel 1959 ad opera della Soprintendenza ai monumenti.
Il prospetto , risalente all’intervento settecentesco, è caratterizzato da uno stile tardo-barocco.
Dell’antica costruzione rimane l’impianto generale a tre navate con absidi scandite da archi ogivali sorretti da pilastri cilindrici. La navata centrale risulta divisa in due lunghe campate che ricevono luce da finestre lunghe e strette a sesto acuto. L’abside centrale si presenta con volta a crociera e riceve luce da una finestra a feritoia, posta sopra l’altare, d’ispirazione federiciana, mentre le due absidi laterali presentano fastosi archivolti. Il soffitto è ligneo a capriate. Sulle pareti e sulle absidi laterali sono ancora visibili resti di affreschi trecenteschi che raffigurano la Madonna con il Bambino e San Michele Arcangelo, attribuiti a Cecco da Naro.
Questi frammenti riscoperti, dai bellissimi colori, che ci fanno intravedere fascinosi profili di personaggi che popolavano le scene di un grandioso racconto pittorico, rievocano la bellezza che dovevano conferire all’interno della chiesa, già ricca di singolare suggestione.
Durante i lavori di rifacimento del pavimento, è venuto alla luce un vano, con una fossa adibita a sepoltura e lungo i lati delle pareti diverse sedie-scolatoio.
Del ricco patrimonio artistico che era nella chiesa resta ben poco. Attualmente, infatti, la maggior parte delle opere conservate provengono da altre chiese.
Tra le opere più importanti troviamo il fonte battesimale di marmo in unico blocco. E’ ornato di scudi gentilizi e stemmi. Vi sono scolpite infatti le insegne aragonesi, due chiavi, la ruota di S. Caterina e lo stemma della città di Naro. Attorno al fonte vi sono rappresentati in rilievo alcune teste di cherubini alati, tra grossi festoni di foglie e fiori. L’interesse dell’opera è accresciuto dal forte chiaroscuro plasticamente reso dall’autore che l’arricchì con fantasiosa ed armoniosa decorazione. Risale al secolo XV.
Un’altra opera degna di nota è il cosiddetto Arco Romano, dove sono scolpiti due pregevoli ed antichissimi medaglioni su pietra di marmo alla base dei due pilastri. Ricca è la decorazione a rilievo. Molto interesse ha dedicato a questa scultura il Pitruzzella, che si rifà ai Scipione, interpretando le loro figure scolpite nell’arco.
Ultimamente è stato adattato in quest’arco l’altorilievo di marmo proveniente dall’abbandonata chiesa di S. Antonio Abbate, raffigurante la Madonna col Cristo morto sulle ginocchia. E’ una pregevole scultura della fine del sec. XV dovuta allo scalpello di Giuliano Mancino.
Il gruppo in esame rappresenta la Madonna dal volto serenamente mistico da cui traspare profondo dolore per la morte del figlio deposto sulle sue ginocchia. Rilevante, oltre la delicatezza del modellato del corpo del Cristo morto e del volto della madre, è il gioco delle linee e il vivo movimento creato dalle pieghe del velo e della veste della Madonna. Dietro al gruppo, inserito tra due colonne lineari con capitello, s’eleva la croce con appesi gli strumenti della passione. Più sotto in bassorilievo invece sono scolpiti alcuni mezzobusti probabilmente dei protagonisti del processo del Cristo: Pilato, Erode, Caifa, il centurione, il soldato.
Qui pure è conservata la bellissima statua della Madonna delle Grazie che sino al 1543 fu patrona della città, proveniente dall’Oratorio di S. Barbara. «Notevole non meno per bellezza di sacra espressione e per l’ammirabile magistero ond’è condotta», secondo il giudizio del Di Marzo, l’opera pregevole e di sorprendente sviluppo è attribuita a Giorgio da Milano, un valido scultore operante nella cerchia dei Gagini. L’opera porta la data del 1497.
Curioso e di estremo interesse nello stesso tempo è il bassorilievo del basamento. In esso è scolpita, al centro, la Nascita di Gesù. A destra e a sinistra subito dopo vi sono scolpite S. Barbara, che sorregge in una mano una torre, S. Lucia; nell’altro lato infine a destra e a sinistra sono scolpiti alcuni confrati; le sculture del basamento sono concluse da due teste di angeli alati, fortemente rilevati. Alla base, lo scultore che lavorò insieme a Domenico Gagini, seppe infondere in questi cinque quadri grazia e movimento. Interessantissime sono le figure dei confrati in processione con camice cinto da cordone e cappuccio abbassato, con i buchi per gli occhi.
Tra le opere quivi raccolte innanzitutto va ricordato un prezioso affresco, probabilmente del ‘400 siciliano, rappresentante il Transito ed Assunzione della Vergine, proveniente dall’ex Chiesa Madre.
Rilevante è la delicatissima cromia di grigi, azzurri e rossi, conclusi da linee precise e ferme, evocanti la tradizionale iconografia bizantina. «Volti dolci e sereni, gesti pacati nella grande commozione, austerità religiosa bizantina, congiunta a bellezza formale, solennità ieratica di rito, congiunta ad eterna umanità di sentimento». Come faceva rilevare l’Accascina, l’autore di questo affresco, scartata categoricamente l’attribuzione a Cecco da Naro, è da ricercare in un pittore ignoto, «esperto di iconografia bizantina, ma anche di grazie senesi e catalane. Valore alto, pittura accorta e raffinata».
La Chiesa di Santa Caterina venne dichiarata Monumento Nazionale nel 1912.


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