Chiesa Madre ed ex Convento dei Gesuiti

L’attuale chiesa Madre e locali annessi formavano la chiesa e il collegio dei Padri Gesuiti.
I figli di S. Ignazio vennero a Naro nel 1619 per opera del padre Gaspare Paraninfo da Naro, religioso del medesimo ordine. La prima pietra venne posata nel 1619 e dopo tre anni di lavoro l’opera era completa.
Ulteriori lavori vennero eseguiti nel 1702, mentre nel 1734 fu adornata di stucchi ad opera del rettore P. Carlo Baldone, narese. Nel 1763 sotto il governo del rettore Padre Stanislao Errante da Polizzi, furono completati gli altari.
Nel 1767 i Gesuiti dovettero lasciare anche questa loro casa a causa dell’espulsione. Chiesa e collegio passarono sotto la giurisdizione regia.

  • Chiesa Madre prospetto
  • Chiesa Madre interno
  • Chiesa Madre interno
  • Chiesa Madre interno
  • Chiesa Madre interno

Nel 1783 vennero infine concessi dal vescovo di Agrigento, il cardinale Branciforte Colonna, al capitolo della Collegiata e, a causa dei numerosi ricorsi, nel 1782, per ordine del re, vennero donati alle monache del monastero della SS. Annunziata. La Chiesa e il convento vennero realizzata lungo la via chiamata “dei monasteri”.
Nel collegio venne fondata una scuola dedita agli insegnamenti di teologia, grammatica, retorica e filosofia. Fu mantenuta fino al 1863 quando fu chiusa per ordine del Ministero della Pubblica Istruzione del Regno d’Italia.
La Chiesa, prese il titolo di Chiesa Madre dopo la chiusura del Vecchio Duomo.
La struttura presenta varie modifiche. La facciata della chiesa che sino agli inizi di questo secolo si conservava ancora disadorna e senza intonaco, presenta rifacimenti recenti ad opera di Francesco Valenti, che la divise in due ordini e conserva in parte l’antico portale, mentre sono scomparse le due porte laterali sostituite, in parte, da due piccole finestre.
Risale pure al moderno rifacimento il finestrone con balconcino e le finestre laterali dell’ordine superiore, che ripete lo schema di quello inferiore.
In alto, nella superficie del frontone, si sviluppa una pregevole decorazione barocca che serve a dare movimento a tutto l’insieme. Originale invece è la parte superiore del campanile anche se risente di alcune nuove decorazioni; esso conferisce un notevole slancio all’insieme architettonico.
L’interno della chiesa è a impianto longitudinale, simmetrico, a tre navate con transetto appena accennato. All’incrocio fra il transetto e la navata principale si erge una cupola finta, la cui profondità è maggiorata da un effetto prospettico degli affreschi.
Nel presbiterio si riscontra una decorazione con stucchi di buona fattura alcuni dei quali del tutto rifatti.
In questa chiesa furono trasportate la maggior parte delle opere del vecchio Duomo.
Entrando a sinistra si trova un prezioso fonte battesimale di arte tardo-gotica, con firma e data nella parte inferiore del lato sinistro con scrittura gotica:
MAGISTER NARDUS DE CRAPANZANO ME FECIT – ANNO MILLESIMO QUADRINGENTESIMO VIGESIMO QUARTO.
Nella parte centrale vi è scolpita la scena del Battesimo di Gesù mentre nei lati, quattro per ogni parte, vi sono raffigurati i 12 Apostoli.
Subito dopo nel primo altare a sinistra vi si trova un gruppo della Sacra Famiglia, di squisita fattura attribuito tradizionalmente ai Gagini.
Documenti invece si hanno per la statua in marmo della Madonna della Catena, collocata nel transetto a destra. L’opera fu commissionata al sommo scultore siciliano Antonello Gagini dai nobili naresi Antonino e Matteo Lucchesi, baroni di Delia e Camastra., il 26 ottobre del 1534. L’opera, precedentemente commissionata, dovette subire 3 variazioni e ritardi. Infatti il sommo scultore Antonello Gagini moriva nell’agosto del 1534 e non aveva potuto condurre a termine il lavoro contrattato. Il figlio Giacomo, rimasto erede testamentare, si impegnò a consegnare le numerose commissioni accettate dal padre. La statua è sobriamente composta; l’espressione del volto è resa con plastica evidenza e il modellato è forte e delicato insieme. La statua poggia su un alto piedistallo su cui è incisa l’iniziale del nome di Maria, tra ricchi motivi decorativi.

  • Chiesa Madre interno
  • Chiesa Madre interno
  • Chiesa Madre interno

Nella stessa chiesa sono ancora da ammirare altre sculture tra cui una magnifica statua di marmo della Madonna col Bambino, detta Maria della Pace di ignoto autore del sec. XVI, di pregevole fattura. Nel piedistallo della medesima sono scolpiti, in bassorilievo, al centro, lo stemma della nobile famiglia Lucchesi, che fece eseguire l’opera, a sinistra, invece, v’è S. Giuseppe che sorregge il Bambino Gesù con una mano mentre nell’altra sostiene il bastone fiorito, a destra, infine, si trova S. Benedetto.
Nell’altare del lato sinistro del transetto si conserva un Cristo Crocifisso nell’atto di spirare del padre Domenico Di Miceli, donato dall’autore nel 1811.
Nel coro, oltre agli stalli in legno scolpiti, di buona lavorazione, si ammirano delle pitture ai lati, tra cui una tela raffigurante la « Trasmissione dei poteri », di sconosciuto autore del ‘700.
La tela più valida resta, tuttavia, la pala d’altare dell’« Annunciazione » di Domenico Provenzani.
Sapiente è la disposizione dei personaggi; indovinato il giuoco della luce; morbido e fluente il panneggio. Tra i volti di dolcissimi angeli e serafini che affollano la tela, la Vergine Santissima inginocchiata in basso, dal bel volto soffuso da una grazia impareggiabile, raccolta nell’ascolto dell’annunzio dell’angelo, resta il personaggio più interessante della tela. La grazia del volto della Madonna, la delicatezza del tocco e l’armonia dei colori fanno di questo dipinto una pregevole opera d’arte.
Infine non si può lasciare questa chiesa senza aver visitato la sagrestia dove si conservano gli armadi, provenienti dal Vecchio Duomo.
E’ un lavoro monumentale in legno scolpito, opera di due bravi scultori del legno, agrigentini, Gabriele Terranova e Giuseppe Cardilicchia. Risale al 1725, quando venne loro commissionata dal priore del tempo, Francesco Parisi.
Gli armadi sono appoggiati al muro e occupano, sino a metà, tre pareti dell’ampio locale. Presentano una idea unitaria espressa con mirabile equilibrio, dove la ricchezza degli elementi decorativi non disturba minimamente l’armonia raggiunta dai due artisti. Lo spazio delle pareti è diviso con perfetta simmetria da cassoni, cassetti, sportelli con i loro disegni geometrici, e dalle colonne rettangolari, adorne di intarsi, di cariatidi e angioletti. Di grande effetto sono le tre nicchie poste al centro delle tre pareti, che si elevano sopra delle eleganti colonnine tortili, sorrette da aquile.
Sono dedicate, quella centrale alla Crocefissione, quella a sinistra all’Immacolata e quella a destra a San Giuseppe. Gli effetti plastici delle strutture architettoniche di squisito gusto barocco trovano uno sbocco in un moto ascensionale impresso non solo dalle colonnine a spirale, dai vari assi verticali creati dalle masse geometrizzate e dai busti posti su un insieme di colonnine che a mo’ di balaustra corona l’intera opera, ma soprattutto da queste nicchie. Nei medaglioni sono scolpite, a rilievo, alcune scene della vita di Giuseppe il giusto. Questo lavoro è una prova della perfezione formale raggiunta da questi artisti agrigentini che, alla bravura artigianale, conseguita nell’accurata finitura, seppero accoppiare il senso dei rapporti di proporzioni, in una fusione geniale e ammirevole.


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